Futuri Possibili per il Maggio Musicale e la musica a Firenze
Martedì 4 Luglio ore 18 - Parc Bistrò, Piazzale delle Cascine
SPEAKER
Marco Parri
Direttore generale, Orchestra della Toscana
Maurizio Busia
Direzione musica, Festival Fabbrica Europa e Toscana Produzione Musica
Sara Nocentini
Presidente, Tempo Reale
Cecilia del Re
Già assessore del Comune di Firenze
MODERANO
Carlo Benedetti
Metropolit
Silvia Giordano
Metropolit e Opera Futura
L’incontro parte da una semplice constatazione: la crisi del Maggio è tremenda, specie per i lavoratori che vi si trovano – per l’ennesima volta – schiacciati in mezzo per colpe non loro. È necessario prenderne atto e risolverla: non possiamo e non vogliamo immaginare Firenze senza il Maggio. Ma proprio per il futuro dei lavoratori e degli appassionati di musica di Firenze, crediamo che sia assolutamente necessario parlare di un possibile futuro per il maggio e tutto il sistema della musicale della città. Se non c’è una visione di futuro, nessuna strada è quella giusta per arrivarci.
La discussione parte dal manifesto di “Opera Futura – immaginiamo la lirica di domani” e in particolare dal rilancio della missione sociale e culturale dei teatri d’opera che da “opera house” potrebbero trasformarsi in “opera square”, aperti alla città che li ospita, in ascolto delle necessità e suggestioni del proprio pubblico e degli altri attori della musica, attori attivi di innovazione e formazione. In poche parole: un teatro d’opera come polo multifunzionale che la comunità possa frequentare, il più possibile aperto (in senso fisico e metaforico).
In un primo giro di discussione, tutte le realtà musicali ricordano esperimenti di collaborazione con il Maggio Musicale (festival, concerti, scambi), ma sottolineano come ogni esperienza sia dovuta ripartire da zero, senza una visione complessiva (e quindi necessariamente politica) dell’importanza della collaborazione in una città tutto sommato piccola come Firenze. Rimane la sensazione di un approccio occasionale che non ha sfruttato a pieno un potenziale di capacità organizzative e artistiche presenti in città.
Questo ha portato ha alcune duplicazioni, a una mancata programmazione congiunta degli eventi, dei concerti, ma anche di progetti culturali che hanno rischiato di sovrapporsi, dividendo in mille rivoli paralleli i magri fondi a disposizione e impedendo al pubblico di gioire a pieno dell’offerta culturale.
Molto sembra essere cambiato dopo il 2019, complice ovviamente la pandemia che ha devastato il settore culturale, ma anche a causa di un cambio di leadership del maggio che da un approccio di apertura alla città è passato alla ricerca di un’assoluta – e forse impossibile – grandezza artistica sufficiente a sé stessa.
Cecilia Del Re ha ricordato, infatti, alcune esperienze durante il suo periodo come assessore in cui si è tentato di portare il Maggio nei quartieri fiorentini e nella Città Metropolitana, coinvolgendo attori anche inusuali come le edicole che potevano vendere i biglietti in ogni angolo di Firenze.
Preso atto della situazione attuale, con l’aiuto di Silvia Giordano di Metropolit la discussione prova a immaginare quali siano i futuri possibile. Vengono presentati alcuni esempi di istituzioni alle quali guardare per riflettere su cosa potrebbe essere il Maggio Musicale: “Amare” a L’Aja – che è insieme sala da concerti, conservatorio, scuola di musica e luogo di danza; “LAC – Lugano Arte e Cultura”, che da teatro si fa vero e proprio centro culturale, aperto a tutte le arti e a tutti i pubblici, con al centro delle residenze d’artista di medio e lungo periodo. Ma, ancora di più, i teatri per avere una rilevanza nel mondo contemporaneo si devono vedere come centro di una rete più che come monumenti grandiosi e solitari alla cultura “alta”. Non attrarre ma creare il proprio pubblico, attraverso una formazione diffusa e continua che solo negli anni può dare i proprio frutti. Ascoltare le preferenze, le richieste e gli umori di chi va a teatro e metterle in una dinamica di tensione costruttiva con le scelte artistiche di chi è chiamato a gestire quelli che sono spazi pubblici.
Durante la discussione, Sara Nocentini ricorda il rischio della commercializzazione degli spazi pubblici che si aprono a iniziative inusuali ma senza eccessivo valore culturale. Si può e si deve cambiare il modo di fare teatro, senza tradire la missione del teatro come servizio pubblico culturale. In effetti, i teatri servono anche a costruire cittadinanza e cittadini più consapevoli, con una particolare attenzione a chi ha avuto meno occasioni di fruire di iniziative culturali per livello sociale o luogo di vita.
Il Teatro del Maggio deve quindi guardare, tutti concordano, non solo alla città in senso stretto, ma alla Città Metropolitana e alla Toscana (se non all’Italia intera), ma per farlo deve essere in sintonia e collaborare con tutti gli attori locali di rilievo, attivando sinergie e costruendo un futuro per la musica che ancora non sappiamo immaginare.